Tu che mi guardi, io che mi racconto
Mostra del progetto artistico di arte relazionale di La Chigi e Virginia Sartori
Cappella Vantini, aprile 2024
riprese e montaggio di Sara Cao
La Commissione provinciale per le Pari Opportunità tra donna e uomo, il Servizio Cultura, Turismo e Politiche Giovanili del Comune di Trento e Alchemica APS sono gli enti che hanno collaborato per realizzare ed inaugurare la mostra Tu che mi guardi, io che mi racconto, restituzione visiva del progetto artistico di arte relazionale delle artiste trentine La Chigi e Virginia Sartori.
Al confine tra scultura, performance e arte partecipata, La Chigi e Virginia Sartori hanno ideato e realizzato un percorso “da donna a donna” - rivolto però a tutti i pubblici e a tutta la cittadinanza.
La mostra si colloca a conclusione di un processo condiviso, avviato a partire dall’estate 2023, in cui le artiste hanno invitato, attraverso una chiamata aperta,
circa cinquanta donne di diverse età e provenienze a partecipare all’esperienza. Ciascuna donna ha “prestato” il proprio volto alla realizzazione di un calco in gesso in un’ambientazione ispirata a un centro estetico - in questo caso dell’anima -, per suggerire l’idea e l’esperienza della “cura”, filo conduttore dell’intero progetto, rimasto aperto fino a febbraio 2024, e ha offerto, al termine della posa, una narrazione personale rivolta ad altre donne.
Attivando gli elementi caratteristici dei propri linguaggi espressivi - scultura e performance per Virginia Sartori, installazione e lavoro d’archivio per La Chigi - le artiste hanno quindi raccolto e trascritto stralci delle interviste libere, che, uniti ai calchi in gesso, costituiranno il fulcro dell’esposizione presso Cappella Vantini e della performance che avrà luogo nello stesso spazio durante l’opening.
Osservando le opere e leggendo le testimonianze in mostra, si coglie il senso più profondo della ricerca di La Chigi e di Virginia Sartori: un invito a compiere il gesto simbolico di togliersi la maschera, dedicandosi un momento di sospensione del quotidiano per elaborare un messaggio intimo dalla potenza universale.
Tu che mi guardi, io che mi racconto diventa così pretesto per riflettere sull’essenza stessa della femminilità, ancestralmente avvolta da misteri che con delicatezza e discrezione vengono svelati, nell’intento di costruire un archivio e un affresco collettivo dell'essere donna oggi.